L'empatia negli animali
pubblicato il 04/10/2017
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Non stiamo ‘umanizzando’ i nostri amici pelosi se parliamo di empatia, sì di quella categoria anche caratteriale che fino a poco tempo fa si attribuiva solo agli esseri umani. L’empatia è la capacità di comprendere lo stato d’animo altrui, di mettersi nei panni degli altri e partecipare alla loro gioia o al loro dolore.
Questa capacità si è sempre detto fosse posseduta unicamente da specie animali altamente sociali ed estremamente intelligenti, come cani, elefanti, scimpanzé o delfini.
Gli scienziati sono molto riluttanti ad attribuire l’empatia agli animali, e spesso sostengono che i loro comportamenti siano sempre guidati da motivazioni egoistiche, non staremo qui a rivangare gli esperimenti di Pavlov sul riflesso condizionato ma ciò che viene richiamato in sede scientifica è proprio questo.
Oggi uno studio accademico dello Yerkes National Primate Research Center della Emory University poi pubblicato da “Science” tenderebbe a dimostrare proprio il contrario.
Chiunque possieda un cane sa bene quanto riescano ad essere partecipi delle gioie e dolori dei loro amici umani. Sono innumerevoli i casi riportati nelle cronache dei giornali che raccontano di animali che hanno attuato anche gesti estremi come andare sulla tomba di chi li aveva accolti ed accuditi in vita.
La notizia più sconvolgente è che ora si è scoperto, come dicevamo prima, che animali non propriamente domestici sviluppano l’empatia. Alcuni casi specifici citati da più fonti riguardano quegli animali che si prendono cura dei cuccioli – l’empatia nasce pur sempre da un rapporto, in questo caso parentale, con gli altri- come la leonessa.
“L’empatia è fortemente connessa alle cure parentali, giacché per avere successo nell’accudimento, nella protezione e nell’assolvimento dei bisogni dei cuccioli il genitore deve ampliare la zona del proprio sentire oltre i limiti del proprio sé”.
L’empatia è, potremmo dire, una sorta di predisposizione innata, indispensabile nelle specie che hanno imboccato la strada dell’amore per i figli, perché in grado di rendere il genitore partecipe delle istanze espresse dal cucciolo.
Quindi niente “umanizzazione” forzosa da parte di chi dagli altri è ritenuto “animalista integralista” ma solo l’espressione di qualcosa che si è percepito prima in via essenzialmente esperienziale ed oggi avallata e suggellata da serissimi studi scientifici ed accademici.
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